Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sottolinea la centralità delle persone, di tutte le persone, perché non esistono scelte d’impresa che non abbiano impatto sul contesto…
Le sei missioni del PNRR sono ormai note a tutti noi: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione ed infine salute. Questi sono diventati titoli che entrano di continuo nei ragionamenti delle imprese e di tutti i professionisti che a vario titolo supportano e assistono gli imprenditori.
La promozione ed il sostegno all’attività di impresa sono il centro soprattutto delle prime due missioni proposte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in modo forse diverso dal passato. Stupisce come tutto ciò che concerne l’innovazione tecnologica e la transizione ecologica venga espressamente messo in relazione con la centralità delle persone, o meglio di tutte le persone.
Lo sviluppo del paese viene sì affidato in larga parte all’impresa, piccola, media e grande, ma con un accento forte sul lato umano delle organizzazioni, le quali, sfruttando le nuove tecnologie ed implementando quelle già mature e presenti sul mercato, riescono a restituire valore sia all’esterno dell’impresa (lungo tutta la propria catena) sia al proprio interno (persone, organizzazione, processi).
Dalle imprese, da sempre sostegno dei territori tramite il valore economico restituito a fornitori, dipendenti, istituzioni, ci si aspetta oggi un passo in avanti, o meglio un lungo salto in avanti. Ci si aspetta che si adattino rapidamente ai contesti volatili che viviamo pur mantenendo un alto rapporto qualità/prezzo della propria offerta, la valorizzazione delle proprie risorse umane, l’adozione di tecnologie recenti nei propri processi interni ed un approccio etico verso la società e l’ambiente.
Il tutto mantenendo profitti adeguati che, si sa, debbono ripagare il rischio che gli imprenditori si assumono ogni giorno nel portare avanti la propria attività.
In questo contesto, non può che ritornare in mente la buona “vecchia” (1992) Balance Scorecard, che torna attuale a distanza di oltre trent’anni (anche se in fondo non è mai passata di moda) per ricordarci che non possono esistere valutazioni e scelte d’impresa che non abbiano cause ed effetti trasversali a più dipartimenti, a più processi, a più software.
Oggi, più che mai, per l’imprenditore è tempo di guadagnare una visione di insieme, identificando indipendentemente dalla propria catena del valore quali siano gli agenti interni ed esterni del proprio cambiamento e nutrire quotidianamente il proprio valore.
La sfida per le imprese, soprattutto le piccole, sarà dunque quella di aprirsi al cambiamento senza dimenticare l’impatto che ogni attività può avere sia a livello interno che a livello sociale e culturale.
Filomena Zaccaria