Allargare gli orizzonti oltre il proprio naso. Quando e perché è bene cercare partner aziendali e la differenza tra le varie tipologie.
Nella crescita di un’azienda, piccola o grande che sia, prima o poi si dovrebbe sentire l’esigenza di stringere accordi con altre realtà, accordi che vanno ben oltre il rapporto tra cliente e fornitore.
Ma come orientarsi in un mare affollato riconoscendo la partnership migliore per la propria situazione?
La scelta, o meglio l’individuazione di un partner, deve essere ponderata sotto diversi aspetti che vanno ben oltre l’opportunità di crescita del volume d’affari.
Cerchiamo di definire lo scenario ideale e le differenze sostanziali che si manifestano quando un’azienda sente l’esigenza di una “spalla” attraverso la quale poter dare continuità e valore al proprio business.
Chiameremo “promotore” l’azienda che sente l’esigenza, “partner” chi si è identificato come controparte.
Un passo indietro alla ricerca di partnership: la fase di studio
Prima ancora di intraprendere un percorso o la ricerca di un “business partner” è necessario definire obiettivi, strategie ed aspettative valutando nel dettaglio i benefici e le difficoltà da entrambe le parti. Sintetizziamo per punti gli step fondamentali di quella che possiamo definire “analisi preliminare”:
- Non è sufficiente valutare esclusivamente i benefici del promotore ma fondamentale è la strategia che deve essere corredata dal comune interesse all’accordo e dal nuovo posizionamento che si otterrà, oltre alla valutazione del nuovo assetto organizzativo e di governance nel caso di acquisto di quote.
- Prima di presentarsi al partner è necessario avere una chiara visione delle opportunità, delle aspettative e delle risorse in gioco, di entrambi.
- Aspetto da non sottovalutare è appunto il partner di cui si possono conoscere dati esaustivi o parziali, il primo passo dunque è lo studio e l’analisi del nostro futuro interlocutore. La ricerca dei dati e delle informazioni è basilare, dall’analisi dei bilanci al modello di business; la strada per comprendere a fondo le necessità di entrambi è lastricata di certezze ma anche di dubbi che vanno sviscerati in modo preventivo al fine di essere consci e preparati già dal primo approccio.
- Se il partner è noto, è già un collaboratore affidabile e si ha un rapporto personale con la proprietà, tutto è più semplice, tuttavia ricordiamoci che non è scontato che tutte le informazioni siano trasparenti, tantomeno gli obiettivi del partner stesso che potrebbero non coincidere.
In base a queste considerazioni è sempre consigliabile redigere un vero e proprio report informativo che prenda in considerazione ogni aspetto, da quello di business, alla governance; dall’assetto organizzativo, al rating, senza dimenticare l’opportunità intrinseca.
Il report deriva dall’impostazione a priori di un team di lavoro che deve comprendere l’azienda stessa, i consulenti fiscali, del lavoro ed alcune persone chiave operative, di certo operanti nell’area commerciale, produttiva e finanziaria.
Vediamo ora alcune differenze tra i diversi tipi di partnership, spesso correlate tra loro.
Tipologie di partnership aziendali
Partnership finanziaria
L’ambito è sicuramente esteso, non è raro, soprattutto nel caso di aziende startup o di modeste dimensioni, ipotizzare una crescita attraverso un partner di tipo finanziario.
Di certo può sembrare la soluzione più rapida, non sempre tuttavia la partnership finanziaria è la soluzione o perlomeno non la prima.
Differente è la strategia e l’approccio se la realtà aziendale del promotore ha maggiore peso, inoltre anche l’aspetto relativo all’interesse del partner muta in funzione della dimensiona aziendale.
Vediamo nel dettaglio quali situazioni si possono manifestare e quale approccio è più consono se si pensa ad un socio.
Promotore di piccole dimensioni, partner strutturato
È il caso del Private Equity (PE) che potrebbe investire in una realtà innovativa, giovane e dinamica con un modello di business scalabile e raggiungibile in tempi brevi.
Il promotore si trova in una situazione di svantaggio definito innanzitutto dalle dimensioni ma, soprattutto, molto spesso non ha idea dell’obiettivo del PE.
Soprattutto se si parla di startup lo stato dell’arte è:
- Il promotore ha sviluppato l’idea e la parte tecnica.
- Non ha struttura e dimensioni.
- Pensa solo al volume di liquidità necessaria per sviluppare il business.
- Crede che il partner lo aiuti nella crescita.
- Non valuta l’aspetto di governance.
- Non conosce i veri obiettivi del partner.
- Non parla la stessa lingua del partner.
- Non prende in considerazione l’aspetto del monitoraggio.
- Non comprende a fondo che un soggetto terzo nel CdA può essere un ostacolo.
- Non pone attenzione all’aspetto legale.
- Corre il rischio di comunicare troppe informazioni, spesso rilevanti per il business.
- Non ha previsto una way out.
- Spesso non riesce a tutelarsi nel controllo delle attività “core” ad alto valore aggiunto (esempio marchi e brevetti).
Questi sono solo alcuni degli aspetti, non ultimo:
- Non è conscio dei tempi tecnici per definire l’accordo, spesso di molti mesi.
Tuttavia il vantaggio di un PE è evidente: consulenza organizzativa, monitoraggio, struttura e liquidità, dall’altra parte cessione quote e, in futuro, nessun controllo sulla vendita delle stesse a terzi.
Questo perché l’obiettivo del PE è monetizzare in tempi più rapidi possibili il valore della quota acquisita.
Altro vantaggio per il promotore è la visibilità: aver ottenuto l’attenzione di un investitore professionale, di certo mette in risalto il posizionamento del promotore, tuttavia, e questo è un fattore chiave, il PE non destina risorse alla crescita del business, quello è mestiere del promotore.
Esiste un altro aspetto, l’erogazione della liquidità che non sempre è vantaggiosa per il promotore.
Due sono i criteri, due le possibilità, spesso coincidenti:
- la prima è l’aumento di capitale, ovvero la quota relativa alle quote cedute: questo importo è capitale di rischio per il partner;
- la seconda è invece la possibilità di ricevere finanziamenti da parte delle Banche, quindi indebitamento in capo al promotore.
In definitiva gli aspetti da considerare sono molti ma tutto dipende dal valore futuro che la startup avrà, può anche dimostrarsi molto remunerativo.
Promotore strutturato, partner strutturato
Per “strutturato” si intende un promotore con capacità propria, attivo da qualche anno, organizzato internamente e con un organigramma ben definito. Questo stato pone il promotore su un piano differente anche se le dimensioni del partner sono quasi sempre maggiori ma il promotore dispone di un livello organizzativo tale da escludere molti dei punti dell’esempio precedente. Resta inteso il concetto di socio finanziario e di governance.
Dove il partner finanziario risulta chiave in un’operazione di questo tipo, è la capacità e la possibilità di ristrutturare finanziariamente l’azienda che magari produce utili ma a fronte di forti indebitamenti oppure è limitata nell’operatività proprio a fronte della difficoltà di accesso al credito.
Il vero valore di questa partecipazione è insito nella capacità di ridare motore al promotore. L’opportunità si concretizza, ad esempio, nel caso in cui sussista un portafoglio ordini futuro concreto non finanziabile nello stato attuale.
Partnership commerciale
A prima vista la più semplice da realizzare, tuttavia anche in questo caso i valori delle parti in causa possono presentare aspetti critici.
Una partnership commerciale può scaturire dall’interesse comune di utilizzare reti di vendita esistenti (partner) con prodotti esclusivi ad alto valore aggiunto (promotore), sia nel caso di prodotti a marchio del partner, che in private label.
In questo caso, oltre l’accordo sui valori economici, è necessario porre attenzione sull’aspetto legale del contratto, sulle penali, ma soprattutto sui valori in gioco.
Ipotizziamo un promotore che fino ad oggi ha fatturato 1,2 milioni di Euro con 150 clienti e una capacità produttiva massima di 10.000 pezzi contro i 7.000 del fatturato attuale.
Il fatturato potenziale del promotore si baserà su 3.000 pezzi oltre i quali dovrà dotarsi di nuovi impianti.
Il partner, nell’esempio di un distributore, sicuramente inizierà con volumi minimi entro i limiti produttivi del promotore, ma se il suo progetto è su larga scala è logico pensare che dopo poco tempo richieda volumi maggiori.
L’ipotesi di investimento strutturale del promotore diventa il nodo cruciale sia sotto l’aspetto tecnico ma soprattutto sotto l’aspetto finanziario.
La scelta del partner diventa quindi strategica e devono essere valutati concretamente i rischi soprattutto in funzione di posizionamenti di esclusiva da cui, in futuro, potrebbe essere difficile uscirne.
Una buona programmazione e una strategia commerciale chiara devono essere il focus del promotore, il quale deve valutare un’espansione in proprio in alternativa all’affidarsi ad un terzo i cui rapporti potrebbero vincolarlo ad altre scelte senza trascurare l’aspetto di interruzione del rapporto.
Partnership industriale
La più complessa, ma di sicuro valore aggiunto, è la partnership industriale.
Una partnership industriale comprende sia l’aspetto tecnico ma spesso anche finanziario ed è un processo complesso che scaturisce da un’analisi tecnica approfondita dei processi produttivi delle parti.
Solitamente nasce da un rapporto precedente i cui attori interagiscono sullo stesso processo e l’integrazione verticale o orizzontale è alla base di questa partnership.
Previa verifica come detto delle opportunità, è facile che una delle parti possa desiderare, attraverso l’uso di un brevetto, di garantirsi che l’utilizzo dello stesso sia in mani sicure e che sia possibile trarre benefici non realizzabili con la propria struttura attuale. Un esempio è l’utilizzo di brevetti nell’intelligenza artificiale o nella realtà aumentata, oppure in campi dove il promotore opera ma per dimensionamento non riesce a dare corpo e volumi all’utilizzo del brevetto stesso.
È ipotizzabile in questo caso un coinvolgimento del partner a livello finanziario ad esempio a supporto dello sviluppo del brevetto stesso piuttosto che alla prototipazione su prodotti differenti, soluzioni che possono richiedere ingenti investimenti.
Sono molte nel panorama industriale queste partnership da cui nascono nuove linee di prodotto o soluzioni innovative. Questo è forse il caso in cui strategia, aspetti tecnici e di tutela legale sono focus dell’iniziativa per cui, solo dotandosi delle giuste competenze al di fuori dell’aspetto tecnico, si può giungere ad un rapporto win-win.
E la tua azienda di che partnership ha bisogno?
Paolo Leardi