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Approvvigionamenti globali e gestione dei cambiamenti: quali suggerimenti per le mPMI?

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Approvvigionamenti globali e gestione dei cambiamenti: quali suggerimenti per le mPMI?

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Negli ultimi decenni le dinamiche inerenti le esternalizzazioni di processi si sono progressivamente diffuse e tali progressive diffusioni delle dinamiche inerenti le esternalizzazioni di processi hanno indotte non solo le top company ma anche le mPMI a prendere progressivamente coscienze dei fenomeni.

Non sono, tuttavia, altrettanto possibili identiche affermazioni in relazioni alle parallele dinamiche inerenti le progressive diffusioni degli approvvigionamenti globali e/o inerenti le progressive diffusioni delle riorganizzazioni delle produzioni globali (con terminologie inglesi entrambe denominate global sourcing).

Le assenze, soprattutto nelle mPMI, di consapevolezze in relazioni a tali evoluzioni hanno, nei fatti, già comportate fortissime diminuzioni di competitività e non solo sui mercati cosiddetti internazionali ma anche sui mercati cosiddetti nazionali o sui mercati cosiddetti domestici.

Innanzitutto risultano opportuni i chiarimenti delle logiche attraverso le quali gli approvvigionamenti globali e/o le riorganizzazioni delle produzioni globali si impongono, radicalmente differenti nei rispetti delle logiche attraverso le quali si impongono le esternalizzazioni.

Se gli outsourcing, infatti, si impongono sempre per logiche strategiche, i global sourcing si impongono esclusivamente per logiche tattiche traducentesi nelle crescenti necessità delle organizzazioni aziende di provare a sfruttare ai massimi livelli le risorse globalmente potenzialmente disponibili.

Nelle capacità o nelle incapacità di intercettare le opportunità, nei contempi non solo sempre più dislocate ma anche sempre più vantaggiose, risiedono esponenziali incrementi di competitività (per le organizzazioni aziende che si sono prima informate e per le stesse organizzazioni aziende che si sono poi in conseguenze formate nel coglierle) ed altrettanto esponenziali decrementi di competitività (per le organizzazioni aziende che non si sono prima informate e per le stesse organizzazioni aziende che non si sono poi in conseguenze formate nel coglierle) nei rispetti dei competitor.

Per quanto i quadri dei riferimenti siano estremamente complessi, le introduzioni per step di processi tesi a cambiare gli asset preesistenti e le contemporanee introduzioni di politiche (sia politiche individuali sia politiche collettive) di gestioni di tali cambiamenti, facilitano senza dubbi alcuni le transizioni.

Ai 2 rischi classici (incrementi dei fattori – tanto fattori intesi quali attori quanto fattori intesi quali operazioni – ed incrementi sia dei controlli dei processi sia dei monitoraggi dei processi, dislocati rispetto a case madri e quindi localizzati in differenti Paesi) si contrappongono 2 categorie di vantaggi: alle facilmente comprensibili leve strategiche che sono possibili ottenere (lati economici e/o lati qualitativi) si aggiungono meno facilmente comprensibili leve strategiche derivanti dalle dinamiche di internazionalizzazioni e risultanti dalle assimilazioni di conoscenze, dalle assimilazioni di culture e dalle assimilazioni di sistemi valoriali replicabili, sviluppabili e traducibili in innovativi modelli di business.

Qui si devono obbligatoriamente inserire le politiche di change management senza le quali risulterebbero primariamente impossibili le sconfitte delle cosiddette umane resistenze per secondariamente approdare alle analisi dei cosiddetti aspetti operativi e dei cosiddetti aspetti tecnici.

Nelle considerazioni dei fatti che ci troviamo in presenze di oggettività imponenti transizioni orientanti vecchi contesti verso contesti nuovi, occorrono organizzazioni aziende che seguano processi logici rispondenti a 3 semplici domande:

  1. dove siamo?
  2. dove vogliamo arrivare?
  3. come si raggiungono gli obiettivi?

Se le dimensioni professionali si identificano con innovazioni non tecnologiche (processi oggetti), con innovazioni tecnologiche (tool applicati ai processi oggetti e/o tool applicabili ai processi oggetti) e con innovazioni culturali (transitanti dalle politiche di comunicazioni interne e transitanti dalle politiche di comunicazioni esterne), le dimensioni personali si identificano con le acquisizioni di nuove attitudini e con le acquisizioni di nuovi comportamenti, ergo con le adozioni di nuove forma mentis e con le adozioni di nuovi paradigma.

Sono necessarie governance coese, governance consapevoli, governance forti e governance preparate direttamente proporzionali sia alle spazialità (ovverossia alle profondità strutturali degli impatti) sia alle temporalità (ovverossia alle profondità periodali degli impatti) delle transizioni.

Sono altrettanto necessarie strategie articolate, strategie condivise, strategie preventive e strategie propedeutiche.

Se tutte le popolazioni delle organizzazioni aziende devono essere coinvolte, sia i top manager (guidanti le top company) sia gli imprenditori (governanti le mPMI) possono essere sostenuti tanto da modelli organizzativi (modelli oggettivi e modelli professionali) quanto da modelli individuali (modelli soggettivi e modelli personali).

Modelli organizzativi (modelli oggettivi e modelli professionali)

I modelli organizzativi (modelli oggettivi e modelli professionali) includono 3 macro fasi consecutive a loro volte includenti più micro fasi tra loro reciprocamente dipendenti, reciprocamente impattanti e reciprocamente influenzanti:

  1. macro fasi di incubazioni:
    • piani d’azioni preliminari (declinabili quali input);
    • piani di comunicazioni (sia piani di comunicazioni interne sia piani di comunicazioni esterne);
    • piani di governance;
  2. macro fasi di progettazioni:
    • workshop (quali effetti dei piani di comunicazioni – sia piani di comunicazioni interne sia piani di comunicazioni esterne – e quali effetti dei piani di governance di cui alle macro fasi di incubazioni);
    • proposte (sia proposte rilevanti le criticità sia proposte individuanti gli interventi);
    • roadmap;
  3. macro fasi di esecuzioni:
    • progetti (quali effetti delle proposte – sia proposte rilevanti le criticità sia proposte individuanti gli interventi – e quali effetti dei roadmap di cui alle macro fasi di progettazioni);
    • piani operativi;
    • tracking (includenti azioni di controlli dei processi ed includenti azioni di misurazioni dei risultati);
    • meeting di avanzamenti lavori (sfocianti quali output in atti correttivi e/o sfocianti quali output in atti migliorativi).

Gli schemi di sintesi nei seguiti riportati facilitano le comprensioni delle macro fasi (macro fasi di incubazioni, macro fasi di progettazioni e macro fasi di esecuzioni) ed evidenziano, con gli ausilii dei diversi colori, le dipendenze e le influenze delle micro fasi dalle stesse macro fasi (macro fasi di incubazioni, macro fasi di progettazioni e macro fasi di esecuzioni) incluse.

approvvigionamenti globali e gestione cambiamenti

Modelli individuali di gestione e approvvigionamenti (modelli soggettivi e modelli personali)

Consiglio a tutti di leggere sia il libro di management Leading Change (Guidare il cambiamento) sia la successiva allegoria Our iceberg is melting (Il nostro iceberg si sta sciogliendo) di John Paul Kotter, Professore emerito alla Harvard Business School unanimemente riconosciuto come l’autorità globale indiscussa (e guru indiscusso) nelle materie delle leadership.

Le Sue teorie Leadership based hanno focalizzate le seguenti 8 fasi consecutive:

  1. sviluppare sensi di urgenze e, quali loro conseguenze, sviluppare necessità di cambiamenti;
  2. creare coalizioni responsabili sia di guidare i cambiamenti sia di supportare i cambiamenti;
  3. sviluppare le vision alle quali allineare le azioni;
  4. comunicare le vision e supportare le vision;
  5. fare empowerment e rimuovere le barriere;
  6. generare risultati di brevi periodi ai fini di ridurre le resistenze;
  7. consolidare i cambiamenti;
  8. ancorare gli approcci alle culture imprenditoriali.

In relazioni a tale ottava ultima fase (ancorare gli approcci alle culture imprenditoriali), parlare di culture imprenditoriali significa parlare di organizzazioni aziende tutte, le culture imprenditoriali sono indipendenti dai livelli dimensionali ed i mix dei modelli organizzativi (modelli oggettivi e modelli professionali) e dei modelli individuali (modelli soggettivi e modelli personali) sono quindi must assoluti tanto per le top company e per i top manager che le guidano quanto per le mPMI e per gli imprenditori che le governano che si trovassero, pure in contesti di riferimenti radicalmente differenti, ad affrontare periodi, più o meno profondi e/o più o meno duraturi, di transizioni.

Cristiano Delbò